Jean-Yves Caldez
La morte di un grande gesuita del ventesimo secolo
i Pierre de Charentenay
Gesuita, direttore della rivista “Études”
Padre Jean-Yves Calvez ha avuto tre vite pubbliche. La prima comincia di gran carriera nel 1956 con la pubblicazione, all’età di 29 anni, della sua opera monumentale La pensée de Karl Marx. La seconda dal 1971 al 1983, si svolge a Roma, dove è assistente generale di padre Pedro Arrupe, superiore generale della Compagnia di Gesù. La terza è un ritorno alla vita parigina per dirigere il Ceras (Centre de recherche et d’action socials), poi la rivista “Études” e partecipare alle attività di insegnamento e di ricerca del Centre Sèvres. Durante questi tre periodi, percorre il mondo, visita le comunità gesuite, impartisce corsi di spagnolo in Argentina, partecipa ai Consigli di amministrazione della Georgetown University a Washington in inglese, torna regolarmente a Roma per alcuni dibattiti in italiano, si reca a Mosca per scambi di vedute in russo con i responsabili ortodossi e partecipa a convegni in tedesco oltre il Reno. Contemporaneamente, pubblica una quarantina di opere di economia, di filosofia politica e soprattutto sulla dottrina sociale della Chiesa, che sarà alla fine il suo campo d’insegnamento e di pubblicazione più costante.
Dotato di una capacità di lavoro al di fuori del comune, padre Calvez ha vissuto una vita molto piena, da subito. Nato a Saint-Brieuc, in Bretagna, il 3 febbraio 1927, è entrato giovane, a sedici anni, nella Compagnia di Gesù. Ordinato sacerdote il 31 luglio 1957, ha pronunciato i suoi ultimi voti il 2 febbraio 1961. Si è spento a Parigi la mattina dell’11 gennaio 2010, a seguito di un edema polmonare con complicazioni cardiache.
Padre Calvez è in definitiva una delle più grandi figure di gesuita del XX secolo, che ha studiato e percorso in ogni senso. Secondo un modo molto gesuita di procedere, è partito da uno studio molto tecnico delle strutture del marxismo e dell’Unione Sovietica alla fine degli anni cinquanta, nel momento in cui l’America si tuffava nella caccia ai comunisti e in cui l’Unione Sovietica lottava contro i dissidenti e si opponeva alle ribellioni (Budapest, 1956). Ha poi lavorato con Jacques Perrine a una grande opera, Église et société, apparsa nel 1961, sviluppando allo stesso tempo la sua visione politica e filosofica sul marxismo e la sua analisi della parola della Chiesa sul mondo. Prefigurava già ciò che il Concilio Vaticano ii avrebbe aperto nel suo documento Gaudium et spes, uno sguardo positivo sul mondo. Gli furono presto affidate funzioni istituzionali a Parigi, presso l’Istituto di Studi Sociali dell’Institut Catholique. Fu direttore di Azione Popolare (antesignana del Ceras di cui era ancora membro). Ha anche partecipato alla fondazione dell’Inades, Istituto di Sviluppo ad Abidjan.
All’età di 40 anni, nel 1967, viene nominato primo presidente dei padri provinciali di Francia (erano quattro all’epoca), con la missione di unificare le quattro provincie in una sola provincia di Francia. Notato durante la trentunesima congregazione generale della Compagnia di Gesù (1967-1968), sarà chiamato presso il padre generale, Pedro Arrupe, a Roma nel 1971. Viene nominato assistente generale per la trentaduesima congregazione generale, incarico che manterrà anche nella successiva congregazione generale nel 1983 (congregazione che eleggerà padre Kolvenbach nuovo superiore generale). Padre Calvez è stato uno stretto collaboratore e un consigliere particolarmente ascoltato di padre Arrupe che l’apprezzava molto. Ha partecipato attivamente alla preparazione della trentaduesima congregazione generale (1974-1975) che ha promulgato il decreto dal titolo “La nostra missione oggi: servizio della fede e promozione della giustizia”. Il suo ruolo è stato centrale durante questa trentaduesima congregazione generale, di cui è stato vice-presidente. Dibattiti difficili sul carattere sacerdotale della Compagnia di Gesù lo hanno portato a fungere da intermediario fra la Santa Sede, in particolare il cardinale Villot, e la Compagnia stessa. Si è poi prodigato senza riserve al fianco di padre Arrupe per far passare i decreti della congregazione generale nella Compagnia di Gesù, affrontando con coraggio tutte le difficoltà presentatesi. Quando padre Arrupe viene colpito da una trombosi che lo rende incapace di governare (1981), padre Calvez resta al fianco di padre Paolo Dezza, nominato da Papa Giovanni Paolo II “delegato pontificio presso la Compagnia di Gesù”. Si adopera allora affinché venga convocata una congregazione generale per eleggere il successore di Arrupe. Era tempo per lui di rientrare a Parigi, dopo aver visitato in tutti quegli anni il 95 per cento delle comunità gesuite del mondo.
Padre Calvez si adopera allora per far conoscere gli scritti di padre Arrupe. Nel 1985 fa pubblicare da Desclée de Brouwer Bellarmin un’eccellente raccolta dei suo testi con il titolo di Écrits pour évangéliser. Più di recente, ha contribuito alla pubblicazione nelle edizioni Lessius di Pedro Arrupe, supérieur général des jésuites (1965-1983). Le gouvernement d’un prophète.
Amava tornare a Roma, incontrare quanti vi aveva conosciuto, cardinali e vescovi, non per evocare ricordi, ma per interrogarsi sulla vita della Chiesa e sul suo evolversi.
Una volta tornato in Francia, dal 1984 al 1989, padre Calvez diviene direttore del Ceras, dal 1989 al 1995 caporedattore della rivista “Études”, e docente nelle Facultés Jésuites di Parigi, nel Centre Sèvre, e nel Dipartimento di etica pubblica, di cui sarà responsabile dal 2002 al 2006. Su richiesta del cardinale Lustiger, darà anche le conferenze di Quaresima di Notre Dame.
Dal 1983, anno del suo ritorno a Parigi, pubblica numerose opere sul discorso sociale della Chiesa cattolica, commentando i suoi testi più importanti o anche tracciando la sua storia attraverso le grandi figure dei Chrétiens penseurs du social (due libri pubblicati da Cerf), ma affrontando anche altri temi come la politica, il marxismo, il liberalismo, il terzo mondo.
Intellettuale illustre, come si vede da questo percorso, Jean-Yves Calvez è stato soprattutto un gesuita al servizio del Vangelo e della Chiesa. Ha accettato responsabilità molto pesanti nella Compagnia di Gesù e non ha mai smesso di rispondere positivamente alle richieste dei responsabili della Chiesa, a Roma o a Parigi, con grande fedeltà e un senso intelligente del servizio.
È stato anche un vero religioso, un grandissimo lavoratore, totalmente disinteressato e libero, di una modestia perfetta. Ha sempre rifiutato, per principio, tutti gli onori e le onorificenze. La sua vita era altrove, in quella volontà di rispondere alla chiamata di Cristo che lo aveva portato nella Compagnia di Gesù. La sua eredità è un’opera monumentale, ma soprattutto un modo di vivere come gesuita che lascia a tutti i suoi fratelli quale modello e ispirazione.
(©L’Osservatore Romano – 13 gennaio 2010)